Nella legge di bilancio c’è un gap da colmare e riguarda la green mobility

di | 16 Marzo 2023

Un fondo Green New Deal di 4,6 miliardi di euro nei prossimi 5 anni per la decarbonizzazione, l’economia circolare, la rigenerazione urbana e la mitigazione dei rischi sul territorio derivanti dal cambiamento climatico. Questo prevede la Legge di bilancio, in discussione in Senato, occasione per Governo e Parlamento di dimostrare che un cambiamento radicale è possibile, che la politica sta davvero iniziando ad assumere impegni vincolanti per la lotta contro i cambiamenti climatici.

L’Italia sembra finalmente decisa a dare il proprio contributo per salvare il pianeta. Ma sarà una risposta sufficiente per migliaia di ragazze e ragazzi che nei fridays for future hanno riempito le piazze chiedendo alla politica di intraprendere azioni concrete per l’ambiente? L’Italia, infatti, è ancora lontana dal raggiungimento degli obiettivi dell’Accordo di Parigi per la riduzione delle emissioni di CO2.

Le premesse ci sono tutte. Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri, all’articolo 11, apre la stagione del Green New Deal: una politica ispirata alla battaglia intrapresa da Alexandria Ocasio-Cortez negli Stati Uniti e fortemente voluta in Italia da Nicola Zingaretti. Si introduce finalmente un nuovo paradigma per la crescita sostenibile: investire nell’ambiente per creare innovazione e lavoro.

Alla Green Mobility, invece, è dedicato l’articolo 12, che punta a ridurre l’impatto ambientale derivante dall’utilizzo di veicoli inquinanti. In particolare, si obbligano le Pubbliche Amministrazioni che acquistano o noleggiano nuovi veicoli a scegliere, almeno per il 50%, modelli alimentati a energia elettrica o ibrida. Un’idea, tuttavia, che riveste più che altro carattere simbolico, perché in questo campo il vero cambiamento può arrivare solo dai cittadini.

Quello che manca in questa Legge di Bilancio, infatti, è una norma per favorire la micro-mobilità elettrica. Dedicata alle persone che vogliono salvare il mondo con un piccolo gesto quotidiano, come l’utilizzo di una bicicletta o di un monopattino per gli spostamenti urbani. Non sono mancati negli ultimi anni i tentativi di rendere le città più connesse e pulite, soprattutto grazie all’intervento di operatori privati. E se in passato la cinese OBike si è ritirata dall’Europa, anche a causa dei continui atti vandalici subiti; l’americana Uber ha recentemente lanciato un nuovo servizio di bicilette elettriche in sharing.

Ma in Italia, a differenza del resto d’Europa, c’è ancora un grande assente: il monopattino elettrico. E questo nonostante imprese come Bird, Circ, Dott, Lime, Wind, Go Volt e Tier siano già pronte a investire milioni di euro per lanciare servizi di sharing in tutte le città italiane. Il motivo, purtroppo, è facile da spiegare: una normativa confusa e penalizzante.

Torino è l’esempio più eclatante: multe di oltre mille euro irrogate a semplici cittadini in monopattino, animati dal solo obiettivo di fare la propria parte per salvare il pianeta. La loro colpa? Non aver saputo rispondere alla fatidica domanda “patente e libretto, grazie!”

Nasce da qui l’idea di inserire nella Legge di bilancio l’art. 12-bis per equiparare il monopattino elettrico alla bicicletta, consentendone un utilizzo libero nel rispetto del Codice della Strada. Un emendamento a costo zero elaborato dalle ricercatrici e dai ricercatori della Fondazione Cultura Democratica e depositato in Parlamento dal Sen. Tommaso Nannicini, Professore di Economia Politica all’Università Bocconi di Milano, con il sostegno di altri autorevoli firmatari come il Presidente della Commissione Industria Sen. Gianni Pietro Girotto e il Sen. Stefano Collina, Vicepresidente della Commissione Sanità.

La strada è ancora lunga. Sono stati presentati in questi giorni 4.550 emendamenti alla Legge di bilancio che dovranno essere discussi e votati entro il 31 dicembre in un’estenuante navetta tra Camera e Senato. Ma è il momento di dimostrare che le cose possono cambiare davvero. Un’idea nata nel mondo della ricerca italiana può migliorare le nostre città e sbloccare investimenti imbrigliati nella confusione normativa. E soprattutto, può consentire a ogni cittadino di essere libero di contribuire a salvare il pianeta attraverso i piccoli gesti che compie ogni giorno.

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